Nell’immaginario comune, il termine cartapesta riconduce immediatamente al mondo popolare e
devozionale del carnevale o del presepe, alle maschere e ai carri allegorici di scenografica maestosità, o alle
figure più domestiche destinate al culto privato, uscite dall’ambito di botteghe artigianali. Eppure questo
materiale umile, con le sue caratteristiche di duttilità e leggerezza, si è prestato a lungo anche ad una
produzione artistica di alto profilo, poco conosciuta, ma certamente degna di una attenta rivalutazione.
Non diversamente dalla scultura lapidea o lignea, infatti, quella in cartapesta annovera importanti maestri,
botteghe, scuole e ha avuto nel nostro Paese una diffusione più ampia di quel che si potrebbe immaginare.
A cominciare dal Quattrocento Italiano, l’utilizzo di questo materiale era prevalentemente legato alla
creazione di imponenti apparati effimeri o alla realizzazione di bozzetti preparatori per lavori non destinati
alla conservazione. D’altra parte, l’economicità del prodotto e il suo prestarsi alla realizzazione rapida di
calchi, copie e repliche a basso costo, sono stati per secoli motivi più che sufficienti per classificare
un’opera in cartapesta all’ultimo gradino della gerarchia delle arti. Tuttavia sorprende come pure Vasari,
tra i più strenui fautori della distinzione fra arti maggiori e minori, non esiti, nelle sue Vite, a parlare spesso
di questo materiale. Già in epoca rinascimentale, creativi versatili come Donatello sperimentarono
abbondantemente le potenzialità dell’impasto, le cui malleabilità e leggerezza si prestavano bene
all’espressività delle sculture. Dopo Donatello, quasi tutte le botteghe dei più celebri scultori fiorentini si
dedicarono alla replica di rilevi di piccolo e medio formato in cartapesta, che grazie al basso costo, furono
oggetto di una amplissima diffusione come le Madonne con bambino.
La cartapesta quindi è un’arte povera. Talmente povera che ci si serve di materiali come paglia, stracci,
pasta di amido, colla e gesso. La carta viene pestata a mano e fatta bollire, poi viene pressata così da
togliere l’acqua in eccesso, infine viene legata alla pasta di amido e ad una sostanza resinosa in modo da
ottenere un composto che non sia né troppo liquido né troppo denso. Dopodiché si passa alla fase
dell’essiccazione, della fuocheggiatura e della colorazione.
Con questo composto di materiali del tutto poveri gli artisti riescono a realizzare statue, anche a grandezza
naturale, fiori, portafiori, vasi, centritavola, collane, orecchini, anelli, bracciali e tutto ciò che la fantasia
può concepire. Si, perché la carta, bagnata con la colla naturale, assume le forme più disparate e quindi la
forma del prodotto non ha confini, dipende dalla fantasia che l’artigiano ci mette per darle vita.
I prodotti fatti in vera cartapesta sono resistenti quasi come il cemento.
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